Resistenza dei microrganismi ai biocidi
Più spesso di quanto sarebbe sarebbe desiderabile, ci possiamo trovare di fronte a disinfezioni effettuate in una struttura durante il periodo di vuoto sanitario che non sono state efficaci come dovrebbero; compaiono microrganismi durante il monitoraggio di tale disinfezione, siano essi batteri come Salmonella o qualsiasi altro tipo di agente, con il conseguente rischio di contaminazione incrociata con il prossimo lotto di animali. Quando succede qualcosa del genere, è imperativo rivedere il protocollo di pulizia e disinfezione e scoprire dove può risiedere l'errore che ha permesso tale persistenza.
È inutile dire che, nel caso della Salmonella ad esempio, è anche imprescindibile ripetere il processo di pulizia e disinfezione fino a quando il risultato non sia negativo.
Un punto molto importante, oltre a una pulizia preliminare approfondita con detergente alcalino, preferibilmente applicato in schiuma, è la scelta del disinfettante da utilizzare dopo tale pulizia preliminare e il suo metodo di applicazione.
IL DISINFETTANTE DA UTILIZZARE
Quando si sceglie il disinfettante da utilizzare, si devono tenere in considerazione diverse circostanze ambientali come le condizioni di lavoro, il materiale su cui lavorare (cemento, metalli, plastica, ecc.), la temperatura di applicazione, la durezza dell'acqua o la presenza di materia organica, quest'ultima dipendente da una buona pulizia preliminare; poiché tutti questi fattori e molti altri condizioneranno successivamente il grado di efficacia ottenuto nella disinfezione.
L'EFFICACIA DEL DISINFETTANTE
L'efficacia di un determinato disinfettante su un microrganismo in particolare dipende, a prescindere dalle circostanze ambientali, da tre fattori principali che sono la sensibilità del microrganismo a quel biocida, la concentrazione dello stesso e il tempo di contatto tra i due.
Detto ciò, scopriamo che possiamo influire facilmente sui due ultimi fattori che sono la concentrazione del biocida e il tempo di contatto. Per quanto riguarda la sensibilità, o più concretamente la resistenza dei microrganismi ai biocidi, è opportuno segnalare diversi punti importanti. La resistenza ai disinfettanti può essere di due tipi, intrinseca o acquisita.
TIPI DI RESISTENZA DEI MICRORGANISMI AI DISINFETTANTI
Resistenza intrinseca o naturale
È quella che i microrganismi possiedono di per sé, cioè, dovuta alle loro caratteristiche proprie. Così, ad esempio, si osserva che ci sono microrganismi capaci di generare forme di resistenza come i batteri sporulati o le oocisti dei coccidi; i batteri gram-positivi e gram-negativi possiedono diversa sensibilità ai disinfettanti a causa delle loro differenze strutturali per quanto riguarda la parete, allo stesso modo troviamo virus con involucro lipidico o senza di esso con resistenza variabile in funzione di questa caratteristica.
Resistenza acquisita
È quella che i microrganismi sviluppano e che inizialmente non possedevano in maniera intrinseca. Questo tipo di resistenza acquisita può essere di due tipi: o per cambiamenti genetici in virtù dei quali sviluppano meccanismi di resistenza, oppure per la protezione dei microrganismi grazie alla generazione di un biofilm che li protegge dall'attacco dei biocidi.
RESISTENZA ACQUISITA DOVUTA A CAMBIAMENTI GENETICI
Nel primo caso di resistenza acquisita, i cambiamenti genetici possono avvenire per mutazioni spontanee. Tuttavia, il caso più comune è lo scambio di materiale genetico che contiene geni di resistenza tra diversi microrganismi. Questi scambi possono avvenire tramite vari meccanismi:
Tuttavia, non si può tralasciare di indicare che, sebbene questi meccanismi di scambio genetico descritti in precedenza si verifichino nell'ambiente, non sono così comuni come a volte si suppone, anzi, non sono comuni: è raro e si verifica con poca frequenza.
RESISTENZA ACQUISITA DOVUTA ALLA PRESENZA DI BIOFILM
La causa più comune dell'apparizione di resistenza e dei fallimenti nella disinfezione è la persistenza di residui di materia organica e lo sviluppo di biofilm da parte dei microrganismi e la protezione che questo conferisce loro.
Un biofilm è una popolazione di cellule che crescono aderenti a una superficie, avvolte in una matrice di esopolisaccaridi che esse stesse generano e che le protegge dall'attacco di molti antibiotici e disinfettanti. Ad esempio, circa il 50% dei ceppi di Salmonella isolati a livello di campo sono in grado di produrre biofilm e, di conseguenza, possono risultare mille volte più resistenti ai disinfettanti (Marin et al., 2009).
Con tutto ciò, è logico dedurre che la miglior forma di prevenire la comparsa di resistenze è tramite la lotta contro la formazione di biofilm e la persistenza di residui di materia organica mediante una buona pulizia preliminare, utilizzando un detergente in schiuma, che elimini tutta la materia organica in modo che non possa servire successivamente da sostegno e substrato per la formazione del biofilm. Per quanto si voglia, l'acqua a pressione da sola non è in grado di eliminare l'ultimo strato di materia organica aderita alle superfici, specialmente se queste sono ruvide o porose come avviene spesso negli allevamenti, e qui il cemento è un chiaro esempio.
Un'altra ragione per cui è importante eliminare il biofilm e i residui di materia organica, oltre a evitare la protezione che forniscono ai microrganismi, è che, anche se i meccanismi di scambio genetico precedentemente menzionati sono poco frequenti, c'è sempre una maggiore possibilità che questi si verifichino all'interno della matrice del biofilm. In essa, microrganismi di ogni tipo, funghi, virus, batteri, ecc., si trovano in intimo contatto, favorendo i fenomeni di trasformazione, coniugazione e trasduzione.
Una volta compresi i meccanismi con cui i microrganismi possono essere in grado di eludere l'azione dei disinfettanti e sapendo come contrastarli, un'altra parte importante nel pianificare la disinfezione è la scelta del disinfettante basata su criteri di efficacia. Senza dimenticare, ovviamente, i criteri legali, secondo i quali tutti i disinfettanti devono avere la documentazione di autorizzazione d'uso, quella di sicurezza d'uso per l'applicatore e per l'ambiente.
Concentrandosi sui criteri di efficacia, è evidente che quanto maggiore è lo spettro d'azione del disinfettante, tanto meglio. Si tratta di garantirci il massimo grado di distruzione dei microrganismi di ogni tipo possibile. In base alla loro capacità biocida e spettro d'azione, le sostanze attive dei disinfettanti si classificano in alto, medio e basso livello. Questo può essere sfruttato per fare combinazioni di esse e ottenere sinergie, dotando il prodotto elaborato di maggiore efficacia con una dose inferiore; rendendolo inoltre più sicuro per l'operatore.
Per valutare l'efficacia dei diversi prodotti elaborati a partire da queste sostanze attive, si seguono le prove di efficacia, che sono test standardizzati e riconosciuti a livello internazionale e che determinano l'attività dei disinfettanti contro microrganismi specifici, a concentrazioni note e tempi di contatto determinati. È importante ricordare che le dosi sono importanti. Un sotto dosaggio del disinfettante può portare a selezionare i ceppi di microrganismi più resistenti, favorendone la persistenza e la contaminazione del lotto successivo di animali.
Per quanto riguarda la sicurezza per l'operatore e l'ambiente, sarà sempre necessario selezionare quelli meno nocivi (la formaldeide, ad esempio, è riconosciuta come cancerogena, provocando il cancro alla gola) e il metodo di applicazione più adeguato, per esempio, aumentando il tempo di contatto e coprendo tutte le superfici e penetrando nelle crepe.
Con tutto quanto detto finora, possiamo concludere che, quando si verifica un problema nella disinfezione con persistenza di microrganismi dopo di essa, invece di pensare all'apparizione di qualche tipo di "superbatterio mutante" resistente ai biocidi, è più plausibile che si sia verificato un errore nel protocollo con una possibile pulizia difettosa, una scelta inadeguata del disinfettante o un errore nel dosaggio o modalità di applicazione.
Infatti, negli ultimi anni sono stati condotti studi per determinare la possibile relazione tra la resistenza agli antibiotici, che causa tanti problemi sia in medicina veterinaria che umana, e la resistenza ai biocidi e se questa potrebbe influire sulla prima. Ma per il momento non è stato possibile stabilire tale relazione tra le due.
Perciò, ribadendo quanto già detto, la miglior forma di prevenire la resistenza dei microrganismi alla disinfezione, e la loro persistenza nell'ambiente, è seguire un adeguato protocollo di pulizia preliminare e disinfezione con un buon criterio di scelta e uso del disinfettante in ogni caso.
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